La nuova presunzione di innocenza

Il 4 Novembre 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del Decreto Legislativo recante “Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della Direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali“.

Tale decreto, composto da 6 articoli, si prefigge di dare applicazione alle previsioni di cui agli artt. 4 e 5 della summenzionata direttiva (volti a tutelare da pregiudizi la persona fisica sottoposta a giudizio penale), perseguendo l’obiettivo di novellare le disposizioni necessarie a garantire una più precisa e completa conformità al quadro normativo europeo, così da evitare il possibile avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. La nuova disciplina varata dal Governo apporta delle novità legislative su molteplici fronti, inserendo disposizioni integrative per il rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza di persone fisiche sottoposte a indagini o imputate in un procedimento penale ed il loro diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Più nel dettaglio, interviene anche sul codice di procedura penale inserendo l’articolo 115-bis (Garanzia della presunzione di innocenza) e modificando l’articolo 314, comma 1, (aggiungendo un periodo); l’articolo 329, comma 2, (inserendo una parola); l’articolo 474 (aggiungendo il comma 1-bis).

Innanzitutto, rientrano nell’oggetto della nuova disciplina le dichiarazioni pubbliche rese da qualsiasi autorità pubblica inerenti processi penali in corso, anche tramite web e social. In tal senso, l’art. 2 del decreto, infatti, sancisce il divieto, in capo alle autorità pubbliche, di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. All’enunciazione di tale prescrizione segue, in aggiunta, la predisposizione di un rimedio: la Direttiva, infatti, delegava gli Stati Membri a predisporre le misure appropriate in caso di violazione del suddetto obbligo. Tra i potenziali rimedi esperibili in attuazione della Direttiva, l’Italia ha optato per lo strumento della rettifica. Il comma 2 dell’art. 2 del Decreto, infatti, recita: “In caso di violazione del divieto di cui al comma l, ferma l’applicazione delle eventuali sanzioni penali e disciplinari, nonché l’obbligo di risarcimento del danno, l’interessato ha diritto di richiedere all’autorità pubblica la rettifica della dichiarazione resa. Più nel dettaglio, l’autorità che ha reso la dichiarazione, quando ritiene fondata la richiesta, procede alla rettifica immediatamente e, comunque, non oltre quarantotto ore dalla ricezione della richiesta, dandone avviso all’interessato.
Inoltre, l’autorità che ha reso la dichiarazione è tenuta a rendere pubblica la rettifica con le medesime modalità della dichiarazione oppure, qualora ciò non sia possibile, con modalità idonee a garantire il medesimo rilievo e grado di diffusione della dichiarazione oggetto di rettifica.
La previsione di tale rimedio è rafforzata dalla predisposizione di un ulteriore livello di istanza in favore della persona indagata. Più nel dettaglio, qualora l’istanza di rettifica non venga accolta, o invero non rispecchi gli standard di pubblicità e diffusione della dichiarazione oggetto di rettifica, l’interessato può chiedere al tribunale, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione della rettifica secondo le modalità di cui al comma 4.

Lo schema del Decreto apporta ulteriori interessanti novità in tema di giustizia, processo penale e rapporto con i mass media. Alla luce della nuove previsioni normative, la diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico. Le informazioni sui procedimenti in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell’imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili.
Il decreto legislativo integra e modifica la normativa, già contenuta nella riforma dell’ordinamento giudiziario (d.l. n. 106/2006), inserendo ulteriori limiti sull’utilizzo delle informazioni inerenti processi penali in corso. La diffusione di tali notizie ai mass media dovrà avvenire solo tramite comunicati stampa istituzionali o conferenze stampa, e solo ove siano strettamente necessarie alle indagini e per rilevanti ragioni di interesse pubblico.

L’art. 4 del D. lgs. apporta, altresì, rilevanti novità sul trattamento che i magistrati devono riservare alla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’intero procedimento penale. Dopo l’art. 115, infatti, viene inserito l’art. 115 bis rubricato “Garanzia della presunzione di innocenza”, una sorta di vademecum lessicale da utilizzare nella redazione dei provvedimenti. Ai sensi del nuovo art. 115 bis del codice di procedura penale, infatti, nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato, la persona sottoposta a indagini o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili.
Con riferimento, invece, ai provvedimenti che presuppongono la valutazione di prove, elementi dì prova o indizi di colpevolezza, diversi dalle decisioni indicate al comma 1 dell’art. 115 bis c.p.p., l’autorità giudiziaria deve limitare i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento.
Anche in tale contesto la novella ha predisposto l’esperibilità di uno strumento rimediale. Nel caso di violazione delle suddette disposizioni, infatti, l’interessato può, a pena di decadenza, nei dieci giorni successivi alla conoscenza del provvedimento, richiederne la correzione, quando è necessario per salvaguardare la presunzione di innocenza nel processo. Sull’istanza di correzione il giudice che procede provvede, con decreto motivato, entro quarantotto ore dal suo deposito.

Altro interessante intervento modificativo si riscontra in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione. Viene infatti specificato all’articolo 314 del C.p.p. che la condotta dell’indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subita.

Lo schema di decreto approvato modifica, infine, l’articolo 474 del codice di procedura penale, sancendo in via definitiva che l’eventuale adozione di misure di coercizione fisica nei confronti dell’imputato in corso di processo, per l’ipotesi in cui ricorra il pericolo di fuga o di consumazione di atti di violenza, deve costituire oggetto di specifica valutazione da parte del giudice.

La riforma approvata dal Governo, quindi, persegue il chiaro intento di preservare la presunzione di innocenza nel linguaggio e nella comunicazione dell’informazione giudiziaria, predisponendo nuovi limiti e nuove restrizioni lessicali e comportamentali in capo alle autorità che intervengono nei procedimenti penali ognuno nella loro sfera di competenza.

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